Riviste
Numero
133
Non siete in pochi a chiederci se si può riuscire a trasformare una passione (per la lavorazione del legno) in un mestiere (del falegname) di cui vivere bene. Lo avete fatto spesso negli ultimi anni, in modo particolare con la pandemia. Ci smarchiamo dalla domanda dicendo una volta ancora che dipende. Da un sacco di cose: da dove si apre l’attività, dal giro della probabile clientela, dalla capacità produttiva e da come si lavora, soprattutto. Fare bene è indispensabile per emergere e far sì che il passaparola produca nuovi committenti e non l’effetto opposto di allontanarli. E le idee, quelle che si hanno circa le cose che si propongono, sono parimenti importanti. Ma che poi ci si possa vivere bene, con questi chiari di luna, chi può dirlo. Se succede però, allora è la cosa più bella del mondo. Ci è capitato da poco di leggere una newsletter di Michele Serra (“Ok Boomer!”, che lui scrive per Il Post). Citando una frase tratta dal libro La lezione del legno, del francese Arthur Lochmann, Serra descrive molto meglio di noi come ci si può sentire, se succede. Il libro “racconta come un giovane docente universitario, in piena crisi esistenziale, possa rinascere (la salvazione…) diventando carpentiere: «si impara a pensare con le mani». Pensare con le mani, che bellezza: la divisione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale svanisce nel trionfo del corpo umano che si muove con destrezza, e in armonia. I carpentieri, in Francia, sono pagati bene, a me per tagliare la legna non mi paga nessuno (pagherei io per farlo). Forse una cosa importante da dire, dunque, è che tra “fare bene le cose” e venire pagati per farlo non è detto che debba esserci coincidenza. Ma quando questa coincidenza esiste – cioè quando vieni pagato per fare qualcosa che ti piace fare –, la felicità è a portata di mano. Delle tue mani.” A tutti voi che ci state provando, un grande augurio e una raccomandazione: portate il meglio di questa rivista nella vostra trasformazione e non dimenticatevi di noi!
